venerdì 7 dicembre 2012

Intervista a FABIEKE


Qualche settimana fa, grazie ai nostri potenti mezzi (in particolare alla nostra fanpage su Facebook) abbiamo avuto il piacere di conoscere Fabieke, a cui abbiamo posto qualche domanda:

- Qual'è stata la miccia che ti ha trasformato in un artista?
Ho fatto il mio primo graffito nel 2003, quando avevo 16 anni e mi ricordo che da un paio, la mia attenzione per strada, veniva rapita costantemente dai lavori degli SPA, dei BB’S e dei BSA (alcune delle crew, già in quegli anni, attive sul territorio Bolognese). Se però devo pensare alla vera e propria spinta emotiva, ritengo mi sia arrivata da Med (BSA) perché abitava nella mia stessa cittadina nella periferia Bolognese. Al campetto coi miei amici, ricordo che perdevo delle vere e proprie ore a fissare i muri, per capire come, Med, potesse riuscire a fare certi disegni e ad usare tutti quei colori insieme. Poi una mattina vidi comparire l’ennesimo suo graffito vicino casa e pensai “cazzo che bello! Voglio farli anche io!”. Il pomeriggio stesso andai al Mercatone Uno e la sera stessa, uscii e feci il mio primo graffito.


- Perché secondo te si diventa street artist?
Per favore non confondiamo le due cose: street art e writing. Io, sul muro, uso sempre e solo gli spray ma, allo stesso tempo, non disprezzo chi fa uso di altre tecniche come i pennelli, i gessetti, gli stencil ecc... Comunque sia, tornando alla tua domanda, penso che lo si diventi poiché si ha la necessità di esprimere e comunicare qualcosa, che riesca a muovere nella gente, un sentimento. Io stesso alterno lettering a puppets, perché adoro l’evoluzione delle lettere tanto quanto la comunicazione sociale.

- Com'era la scena "ai tuoi tempi"? Quali cambiamenti hai notato?
Sono un writer piuttosto giovane quindi con l’espressione “ai miei tempi”, posso andare indietro di un decennio, non di più, ma basta per poter dire per certo, che la disciplina del writing era molto meno sdoganata ed accettata rispetto ad ora, difatti la scena illegale era molto più attiva di quella attuale. Adesso abbiamo molti più spazi, concessi dalle amministrazioni comunali, una tolleranza maggiore da parte dei cittadini ed una considerazione diversa, poiché stanno (finalmente) capendo che non siamo dei semplici vandali.


- Quali pensi siano le prospettive future per il writing?
Penso che le prospettive siano decisamente positive, dato che sempre più città stanno dando la possibilità agli esponenti di questa disciplina, di esprimersi al meglio e con libertà d’azione. Io stesso, nel comune in cui vivo (Castel Maggiore), sto collaborando con le istituzioni per riqualificare alcuni spazi degradati ottenendo consensi positivi dai miei concittadini. Un altro esempio a me vicino, è quello di Frontier, che ha portato a Bologna una dozzina di writer famosi in tutto il mondo, tra i quali: Phase2, Daim, Does, Eron, Dado, Rusty, ecc…, con l’obiettivo di riqualificare e decorare alcune facciate di palazzine Bolognesi. Ritengo che se si dovesse procedere di questo passo, possa essere la volta buona che questa disciplina d’arredo urbano, ottenga la giusta attenzione che merita.

- Pensi che a Bologna ci sia ancora una scena artistica underground?
Assolutamente sì: fortunatamente! Anche se purtroppo la scena illegale, che reputo fondamentale nel percorso artistico di un writer, è calata molto in questi ultimi anni e penso che tra le cause ci sia anche il fatto che questa disciplina si stia ritagliando sempre più spazio nel campo dell’arte (ed era ora!).


- Cosa ritieni che manchi alla scena artistica bolognese e cosa potrebbero fare le istituzioni?
Vorrei vederla più ricca di graffiti perché io amo la mia città e penso che attrarrebbe ancora di più, vedendola colorata. Mi piacerebbe che tutto ciò che non faccia parte dei beni culturali, venisse dichiarato “colorabile”. Ovviamente, con del criterio, sia chiaro. Mi piacerebbe che ci fosse più educazione e meno repressione, perché in fin dei conti non facciamo del male a nessuno. Seppur potentissima, è una disciplina tutt’altro che violenta.

- Quali sono le due parole che consigli ai ragazzini che vogliono cominciare dopo aver letto questa intervista?
Il mio consiglio è quello di metterci impegno, passione e dedizione in tutto ciò che si crea e si realizza. Cercare il più possibile di non intestardirsi sul fatto che si debba campare a tutti i costi di street-art/writing, ma cercare di tenere il più possibile il mirino, sulla parola “divertimento”. Usare il cervello (non solo quando si agisce nell’illegale) e portare rispetto verso gli altri, soprattutto nei confronti di chi ci ha preceduto, perché è soprattutto grazie a loro se anche noi, oggi, siamo membri di questa fantastica disciplina.