martedì 18 febbraio 2014

Le geometrie terrestri di Giulio Vesprini | Intervista di Alessandra Ioalé - prima parte




Sono entrata in contatto con l’opera di Giulio Vesprini pochi mesi fa, in occasione della collettiva MINI MAXI Urban Art al GAMC di Viareggio. Come affermai in un mio articolo al tempo, curiosa e originale è la sua geologica visione di forme naturali, che si riappropriano degli spazi urbani in degrado. Una visione che ha radici lontane.
Le sue prime esperienze adolescenziali sono all’interno del mondo del Writing, che lo vedono partecipare a una delle storiche convention italiane, il JUICE96 di Ancona, proseguendo poi verso quelle accademiche, dove si approccia per la prima volta alla grafica incisoria e digitale. Arriva poi a mutare e a concludere con gli studi alla Facoltà di Architettura, che segnano in lui il passaggio verso una ricerca cromatica e formale dall’essenziale ed “ermetica” geometria, stabilendo un nuovo rapporto con la natura.

Alessandra: La tua poetica vede la luce nei tuoi disegni e prende forma in installazioni polimateriche. A Treviso (Martellago) ti è stata dedicata una personale presso Formato Aperto a cura dell'Ass. Interstizio, nella quale hai esposto alcune delle tue illustrazioni e hai creato una bellissima installazione. Come sei riuscito a concepire il passaggio dalla bidimensionalità del disegno alla terza dimensione installativa?

Giulio: Ho accettato con molto entusiasmo l’invito dei ragazzi di Interstizio. Il loro è davvero un progetto che parte dal basso e arriva molto in alto perché c’è un’idea, non autoreferenziale e fine a se stessa, ma concreta e dedicata all’arte. Il collettivo Interstizio ha voluto fortemente una mia installazione, e va detto che è stata ufficialmente la mia prima personale. Ho esposto alcune delle mie illustrazioni con temi più naturali, credo che siano i bozzetti di opere più grandi, come la serie delle pietre lunari su muro o delle installazioni a terra. Sono concepiti come disegni preparatori ma hanno comunque l’autonomia per essere esposti da soli, in particolare le pietre ed i cerchi. 


SPAZIO-TERRA#1, 2013

Il passaggio dalla bidimensionalità alla terza dimensione, se così si può dire, è dovuto principalmente al fatto che negli ultimi anni preferisco opere più grandi a un dipinto su tela, così passo dal micro al macro senza via di mezzo. Anche le scuole fatte, come la facoltà di architettura, hanno molto a che fare con questi ripetuti passaggi di scala. Sono stato influenzato anche da uno dei miei libri preferiti: Flatlandia.


SPAZIO-TERRA #3, 2013


A: Tutto questo tu lo porti anche su muro e lo scorso 2013 ti ha visto molte volte invitato a Roma, in particolar modo per realizzare opere murali all’interno del MAAM. Mi vuoi parlare di questa esperienza?

G: Sì Roma mi ha letteralmente adottato in questi ultimi due anni. Sono piacevolmente colpito da questo nuovo fermento che sta rendendo Roma una degna capitale. Il MAAM e URBAN AREA, del collettivo Adna, ed altri progetti sparsi per la città, sono realtà attive molto forti nel territorio, la prima, ad esempio, riesce perfettamente nell’integrazione tra Street Art e diversi ceti sociali, riuscendo a rendere anche educativi i vari interventi che i numerosi artisti hanno lasciato sui muri di una città nella città. All’interno del MAAM ci sono due mie opere, l’ultima fatta per il progetto Rebirth Day di Michelangelo Pistoletto, l’altra invece un omaggio alla luna, quest’ultima con lo spazio ed il missile legano un po’ con tutta la filosofia del MaamMetropoliz. Ricordo che il 23 giugno scorso, il giorno del supermoon, il giorno della superluna che è la coincidenza di una luna piena con la minore distanza tra Terra e Luna, ho realizzato una pietra lunare molto grande frutto di una ricerca iniziata cinque anni fa, tuttora attiva.


Cerchio G12, 2013

Il secondo, è un collettivo impegnato nel recupero di spazi in disuso, come il cine-teatro Volturno, ora vetrina di bellissime opere d’arte ed installazioni. Sono state bellissime esperienze, sia come uomo che come artista. Un grazie particolare a Mirko e Giorgio per i loro inviti.


Cerchio G07, 2013

A: Parlami di questa tua ricerca iniziata cinque anni fa e che ha per soggetto la pietra lunare.

G: Questi disegni sono arrivati in un momento di passaggio tra il figurativo più ”pop”, a cui ero legato fin dagli anni accademici, e un segno che si concentrasse più sulla forma.
Ero stato invitato al fuori salone del 2009 per Digital Is Human, al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci a Milano; girando per le stanze ho visto esposto il piccolissimo frammento lunare, donato all’Italia dagli Stati Uniti dopo la missione dell’Apollo 17 sulla luna. Questa storia mi ha affascinato perché parlava di pace, di fratellanza tra stati attraverso la cultura e la scienza e non attraverso la politica. Quasi tutti i musei del mondo hanno un frammento di pietra lunare, donato da quella missione. L’idea che la Luna, un satellite esterno al nostro pianeta, possa creare un sorta di unione tra stati terrestri, aveva un non so che di romantico. Diversi artisti in quel periodo iniziavano una nuova fase di ricerca grafico-pittorica, mostrando un’attenzione più rivolta alla natura che all’uomo stesso. Anche per me quello è stato un anno di forti cambiamenti. Ho ripreso a studiare i maestri del passato vicini alla Land Art ed alle installazioni video, ma soprattutto ho ricominciato la mia primissima ricerca, concentrata sulla forma, il colore e le geometrie, che mettevo spesso dentro ai miei video, quadri ed incisioni. Decisiva è stata la visita nel 2002 a Documenta 11 la mostra quinquennale d’arte contemporanea che si tiene a Kassel in Germania, dove letteralmente impressionato da grandi artisti, ho capito subito che la mia inclinazione artistica sia più ermetica e meno lampante. Credo comunque che ogni percorso fatto fino ad ora sia stato determinante per la mia attuale ricerca.


PIETRA LUNARE#5, 2013


La seconda parte di questa intervista uscirà Martedì prossimo. 
Continuate a seguirci!


Intervista di Alessandra Ioalè




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