martedì 22 aprile 2014

Miami Loves Street Art - prima parte - SAA Report di Egidio Bianco



Da qualche tempo, Miami, la metropoli ispano-americana delle vacanze da sogno offre una nuova attrattiva ai suoi milioni di visitatori e in particolare agli appassionati d’arte. La vocazione della città verso l’arte contemporanea è attestata dalla presenza di una delle fiere - e insieme evento mondano - più importanti al mondo nel settore: Art Basel Miami, l’intermezzo invernale della fondamentale fiera di Basilea che oramai da tredici edizioni presenta le sue opere stramilionarie sul suolo americano. L’esistenza di un evento così importante per il sistema dell’arte contemporanea sta avendo un impatto fondamentale su uno dei distretti di Miami Downtown, un quartiere popolato da geometricissimi magazzini di scarpe e altre cianfrusaglie che in breve tempo sono stati colonizzati da gallerie d’arte e da crew di writers e street artist che ne hanno fatto delle gigantesche tavolozze di forme e colori. È la storia di Wynwood, e in queste righe è raccontata la sua esplorazione.
Fin dall’uscita della piccola metropolitana sopraelevata che percorre la moderna Downtown, in lontananza, una grande parete dipinta segnala la direzione da percorrere. Si tratta di un grande murale di Obey: Peace, Justice; il più noto street artist americano è certamente un ottimo biglietto di presentazione per Wynwood che, come vedremo, ospita più e più opere dell’artista della South Carolina. Il pezzo, sullo sfondo dei colori dell’arcobaleno, lancia un diretto messaggio dal tono socio-politico come proprio del linguaggio e dell’immaginario iconografico di buona parte dell’arte di Shepard Fairey aka Obey.

Obey

Proseguendo per la North Miami Avenue il paesaggio, abbastanza anonimo e arido di presenza umana, complice il sole battente delle due del pomeriggio, si risveglia gradualmente con le tonalità accese dei colori spray, sicché ci si ritrova letteralmente immersi in una selva di pitture murali e altre creazioni stradali.  L’ingresso in una delle prime gallerie che si incontrano da quella direzione, la Lelia Mordoch Gallery, e la breve chiacchierata con l’artista che qui espone le sue opere, un signore argentino di mezz’età trasferitosi a Miami da più di un ventennio, mi dà lo spunto per introdurre un piccolo excursus su come questa zona, chiamata in passato Little San Juan per la massiccia presenza di immigrati portoricani, sia oggi divenuta Wynwood Arts District.
La metamorfosi di Wynwood è dovuta a quel classico processo di cultural gentrification che a turno si manifesta in tutte le più grandi metropoli del mondo occidentale; detta in maniera più che essenziale: una qualsiasi area, magari industriale, abbastanza povera e depressa, sicuramente poco attrattiva della città viene trasformata dall’arrivo in massa di artisti, galleristi e da altra popolazione attiva nel campo culturale. I possibili e sicuramente negativi squilibri di ordine sociale ed economico, determinati dall’arrivo di individui appartenenti a strati sociali più elevati e con un potere di acquisto maggiore rispetto a quello degli abitanti locali, sono bilanciati dal rinvigorirsi di aree prima non integrate con il resto del tessuto urbano, una vera e propria rifioritura seminata dall’azione delle arti.
La rinascita di Wynwood prende il suo avvio nel 2003, quando un gruppo di investitori culturali decide, cavalcando l’onda della prima edizione di Art Basel Miami di un anno precedente, di trasformare quei vecchi magazzini e depositi industriali, detti efficacemente in inglese warehouses, in complessi da destinare ad attività culturali, gallerie ed esposizioni. Del resto, il rapporto del quartiere con l’arte non era una novità assoluta: già negli anni Ottanta e Novanta le pareti dei cortili e dei lungolinea della zona erano state segnate dall’attività di alcune crew locali. Proprio un gruppo di ex-writer protagonisti di quell’epoca  hanno deciso nel 2007 di dare vita a un’organizzazione, chiamata Primary Flight, con lo scopo di fare di Wynwood un posto in cui le gallerie e i musei non fossero solo chiusi tra delle mura; l’intero distretto poteva, infatti, essere trasformato in una grande esposizione d’arte a cielo aperto. 


El Pez - Fl. Mingo

Il progetto, a metà tra programma di arte pubblica e festival, ha coinvolto sino ad oggi centinaia di writer e street artist provenienti da tutto il mondo e i risultati di tali sforzi sono oggi ben visibili passeggiando nei tipici reticolati di strade del quartiere. E così sino a quest’anno, quando durante i giorni di Art Basel, in dicembre, monitorando i vari siti web dedicati alla Street Art che pubblicano quasi in tempo reale opere da tutto il mondo, i tag che più si ripetevano nelle foto erano Miami e Wynwood: decine e decine di immagini a testimonianza dell’attività di alcune tra le più importanti figure sulla scena internazionale.  Pochi passi fuori dalla galleria spunta un’opera di El Pez, che con il suo coloratissimo logo a forma di pesce fa da contraltare a una delle figure più tipiche e riconoscibili della zona: l’altrettanto appariscente fenicottero stilizzato, carattere di distinzione di un giovane street artist locale, Fl.Mingo (fenicottero in inglese si dice appunto flamingo). 


Fl.Mingo

Il fenicottero è uno dei simboli stessi di Miami e questo artista che si diverte a farne di tutte le tinte sembra voler ricordarcelo, come del resto ce lo ricorda Raptuz, storico membro dei TDK, che ha interpretato questo tema durante l’ultima edizione di Art Basel. 

 
Raptuz, fenicottero, Ph: Raptuz


A proposito di riconoscibilità: dietro a un segnale stradale scorgo uno sticker storico; si tratta della prima e pionieristica campagna promozionale avviata dal già citato Shepard Fairey: Andrè The Giant Has a Posse, datata al lontano 1989. Solo qualche anno dopo quegli adesivi molto vintage assumeranno le forme del faccione che oggi tutti conosciamo e comparirà la scritta Obey. 

Obey


Proseguendo la visita, perché di visita ad una esposizione d’arte en plein air di fatto si tratta, dopo qualche minuto giungiamo a Wynwood Walls, tappa obbligata nel cuore del quartiere. Prima di entrarci vi voglio velocemente citare, tra i tanti, un altro paio di pezzi particolarmente significativi che si incontrano un poco più indietro: una lunga murata con quattro celebri volti dell’arte accompagnati da una distesa di forme geometriche multicolor, marchio stilistico di Eduardo Kobra, figlio di una grande patria dell’arte urbana come la capitale del Brasile San Paolo. 


Kobra

Mentre per rimanere in un contesto locale, essendo ancora oggi Wynwood residenza di molti immigrati portoricani, naturalmente non poteva mancare il duo per eccellenza della Street Art caraibica e per cui ho una particolare predilezione: La Pandilla (Alexis Diaz + Juan Fernandez). Direttamente da San Juan, dove negli ultimi anni la scena dell’arte urbana è molto attiva grazie alla presenza di un importante festival come Los Muros Hablan, La Pandilla sta acquisendo grande riconoscimento internazionale grazie ai suoi esperimenti chimerici che mescolano insieme parti di diverse creature animali su fondi dai toni caldi e pastellati. 


La Pandilla


La seconda parte uscirà Martedì prossimo.

Egidio E. Bianco
Ph: Egidio Bianco



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